Sulla proposta Fukuyama di regolamentazione di "big data"
Voci dall'America

Sulla proposta Fukuyama di regolamentazione di "big data"

Un ampio dibattito è in corso negli Stati Uniti sulla proposta di F. Fukuyama e del suo gruppo di ricerca a Stanford (vedi il post "Come salvare la democrazia dalla tecnologia" del 29/11/2020) di una regolamentazione del mercato digitale a partire dalle possibilità offerte dalla tecnica, in particolare l'uso del middleware, quella categoria di software che si sovrappone a una piattaforma esistente e può modificare la presentazione dei dati sottostanti.

Alcuni interventi prettamente tecnici, come quello apparso sul giornale economico on line Financial express, non credono nella proposta, che si concentra solo sull'architettura delle piattaforme di big data che sottragga la gestione del "middleware" ai grandi gestori. Secondo questa tesi, sono scarse le possibilità di incidere sul mercato basato sul possesso dei dati, mentre viene paventato il rischio che questa misura possa aumentare l'esposizione delle piattaforme e dei social media a ciber attacchi  ostili, pur aumentando il livello di trasparenza dei contenuti.

Ppù articolati  due interventi critici, entrambi basati in ultima analisi sulla classica teoria della feconda capacità del mercato di autoregolarsi e riprodursi all'infinito.

Per il centro studi   e consulenza digitale "Counterpoint research" è necessario che il governo ad ogni livello eviti "la tentazione di impiegare strumenti datati, calpestando le libertà individuali e danneggiando la competitività globale di alcune delle aziende più prestigiose d'America, sia pure con il fine lodevole di correggere sistema informativo frammentato e pericoloso".  Meglio sarebbe se "l'attenzione fosse concentrata sulle capacità uniche delle piattaforme di proporre le informazioni ai propri utenti attraverso algoritmi, piuttosto che appoggiarsi a strumenti obsoleti progettati per pratiche aziendali fondamentalmente diverse."

Anche l'azione anti trust avviata da FED e procuratori statali è giudicata obsoleta, perché "inefficace per migliorare la forma dei contenuti dei social media" che trova il proprio limite nella "rapida scalabilità dei social media": sulle ceneri di una piattaforma smantellata potrebbe rapidamente essere ricostruito un nuovo attore orientato al dominio del mercato. Inoltre la coesistenza di "più piattaforme può portare a un'ulteriore frammentazione e disinformazione poiché gli utenti cercano piattaforme che propongono in modo unitario i contenuti adatti ai loro desideri ".

Di effetto incerto e potenzialmente illegittima, secondo gli analisti, anche la riforma della sezione 230 del Communications Decency Act del 1996, che garantisce l'immunità dalla responsabilità per i contenuti creati dagli utenti. La modifica già  discussa negli USA nel 2018 - 2019, tende a rendere le piattaforme responsabili per i contenuti pubblicati dagli utenti potrebbe aiutare a incentivare la rimozione di contenuti illegali, pur presentando altri gravi inconvenienti come dimostrato dall'esperienza fatta in germani dal 2017 ad oggi, secondo cui la clausola di responsabilità incentiva le piattaforme a rimuovere più contenuti di quanto previsto e danneggia la libertà di parola. Una legge simile in Francia è stata bloccata dal Consiglio costituzionale a causa del suo impatto sulla libertà di parola. E' ragionevole ritenere che anche negli Stati uniti la Corte Suprema potrebbe intervenire sanzionando questo tipo di intervento legislativo.

La proposta Fukuyama appare, agli analisti di "Counterpoint research", più lungimirante, in quanto "arriva al cuore del problema intervenendo sull'algoritmo sottostante", e quindi si è autorizzati presumere che il comportamento degli utenti si concentrerebbe sulla scelta del middleware sul mercato in base alla sua capacità di verifica dei fatti, ammesso che si generi una vera concorrenza in questa segmento del mercato.

Si deve però, conclude "Counterpoint research" , trovare una soluzione che affronti il problema fondamentale: le piattaforme curano i contenuti che massimizzano il tempo passato dagli utenti sulle loro offerte, anche a costo di promuovere disinformazione e odio. I responsabili politici devono perciò identificare un nuovo modello di business con strumenti adeguati alle circostanze tecniche e storiche. In questo senso viene giudicata più opportuna una normativa nazionale sulla privacy dei dati. La regolamentazione dovrebbe imporre una reale trasparenza sul modo in cui i dati vengono utilizzati dagli algoritmi di ogni piattaforma, offrendo agli utenti un controllo reale su come vengono utilizzati i loro dati e, di conseguenza, sui contenuti che vengono poi proposti dalle piattaforme. Su questo, secondo "Counterpoint research", si potrebbe più agevolmente trovare un'intesa fra piattaforme e regolatori, offrendo alla prime una legge sulla privacy uniforme che sostituisca le inefficienze dovute all'attuale frammentarietà delle leggi statali con una normativa unica nazionale, condivisa dal mercato.

Il centro studi "Real clear markets", ammonisce a non lasciarsi prendere dall'ossessione nei confronti di big tech, proponendo un paragone su come "all'inizio degli anni '90, alcuni profondi pensatori pensavano che lo scioglimento dell'Unione Sovietica avesse segnato la "fine della storia" e la democrazia liberale occidentale fosse ormai al capolinea. Ma questo non è successo, perché è nella natura umana "non raggiungere mai l'ultima frontiera nelle forme di governo". Una premessa apertamente polemica nei confronti di F. Fukuyama, o quanto meno del titolo della sua fortunata, e malintesa, teoria sulla fine della storia.

Gli analisti di "Real clear markets" ritengono che l'attacco portato a big tech congiuntamente dai liberal progressisti e dai conservatori originalisti, parta dalla premessa erronea che "società tecnologiche abbiano un infinito potere sul mercato", mentre il mercato digitale è il regno dell'effimero. Il mercato, infatti, è secondo loro per definizione in evoluzione continua, e quindi esattamente come per la storia è fuorviante pensare di poterlo imbrigliare, perché la "Big Tech" di oggi non sarà quella di domani. Per questo un intervento come quello ipotizzato attraverso il middleware sarebbe un'illusione, in quanto il mercato di sposterebbe immediatamente verso forme tecnologiche alternative, volte a riprodurre la precedente situazione oligopolistica.

Il dibattito è aperto ed è consigliabile non trascurare il rapporto completo del Centro studi di Stanford coordinato da Fukuyama, che ha portato l'unica proposta concreta, per quando contestabile.

Report of the Working Group on Platform Scale
The internet economy has produced digital platforms of enormous economic and social significance. These platforms—specifically, Google, Facebook, Amazon, Twitter, and Apple—now play central roles in how millions of Americans obtain information, spend their money, communicate with fellow citizens, an…

https://www.counterpointresearch.com/us-social-media-content-moderation-junk-anti-trust-suits-focus-data-diet/

Middleware can ensure exposure to diverse content, but could make social media platforms open to cyberattacks
Twitter founder Jack Dorsey has suggested market-based regulation rather than increasing government interference.

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