
C'è un giudice a New York: un tribunale ferma Donald Trump
Gli osservatori erano in attesa di vedere se gli anticorpi del sistema istituzionale USA avrebbero funzionato dopo il reinsediamento di Donald Trump, e si è chiusa una settimana cruciale in questo senso. La sentenza della Corte per il Commercio Internazionale degli Stati Uniti che ha bloccato gli ordini esecutivi del Presidente in materia di dazi é destinata con ogni probabilità ad entrare nella storia giudiziaria americana, per diversi motivi. Non da ultimo perché proviene da una Corte a composizione bipartisan ma strettamente tecnica, che ha motivato la sentenza in modo impeccabile e misurato, lasciando poco spazio per contestazioni di merito, essendo basata su principi costituzionali incontestabili. Basta applicarli con i giusti modi e tempi.
Nel sistema giudiziario americano la Corte per il Commercio Internazionale è competente per le controversie sulle leggi doganali e sul commercio internazionale. Storicamente la fonte del potere di questa corte, insieme al generale Articolo III della Costituzione degli Stati Uniti sul potere giudiziario, é l'Articolo I, Sezione 8 della stessa costituzione, laddove stabilisce che "tutti i dazi, le imposte e le accise devono essere uniformi in tutti gli Stati Uniti". La Corte, pertanto, si occupa di conflitti di giurisdizione tra i tribunali federali e garantisce uniformità nazionale nel processo decisionale giudiziario che riguarda le transazioni commerciali con l'estero. Nel tempo il Congresso ha legiferato più volte in argomento, con il Customs Administrative Act del 1890, riformato fra il 1926 e il 1930 con la creazione della United States Customs Court, che venna resa nel 1930 independente dal Dipartimento del Tesoro, e ricevette nel 1956, il rango di tribunale federale; da ultimo il Customs Courts Act del 1980, tuttora vigente. I nove giudici e il capo della corte sono nominati dal Presidente, con modalità e limiti che evidenziano la specificità e importanza di questo collegio: "Il Presidente nomina, con il parere e il consenso del Senato, nove giudici che costituiranno un tribunale di competenza denominato Corte del Commercio Internazionale degli Stati Uniti. Non più di cinque di tali giudici dovranno appartenere allo stesso partito politico. Il tribunale è istituito ai sensi dell'articolo III della Costituzione degli Stati Uniti. Gli uffici della Corte del Commercio Internazionale hanno sede a New York". Singolare sistema quello americano, che previene la man bassa della politica sulla giustizia, affidando ai partiti con equità e per legge la composizione di un collegio giudiziario. Questa impostazione data da quando ancora Donald Trump si occupava di affittare e vendere immobili, ed è dovuta al ruolo determinante del commercio nella società americana, ed alla grande considerazione per la necessità che gli scambi con l'estero avvengano in modo ordinato ed uniforme, come confermato dalla dignità costituzionale del principio.
Quella emessa la scorsa settimana non è solo una sentenza restrittiva contro i dazi decisi dal Presidente Trump, ma un richiamo forte e forse definitivo sulla separazione dei poteri e sui limiti dell'autorità presidenziale. La prevalenza dell'esecutivo è evidente in questo momento, con un Congresso sotto scacco, un'opposizione che lavora solo per la lontana scadenza elettorale, i social media manipolabili e i media tradizionali sotto controllo o sotto ricatto. Ma al potere esecutivo sono frapposti limiti strutturali, e Trump aveva sperato che passasse inosservata la palese violazione della Costituzione contenuta negli ordini esecutivi sui dazi. E' incontestabile che il potere di imporre dazi spetta esclusivamente al Congresso. La Corte di New York lo ha ricordato in termini piani e oggettivi: "Una delega illimitata di autorità tariffaria costituirebbe una delega impropria di poteri legislativi a un altro ramo del governo". Prevenendo uno degli argomenti portati dall'amministrazione per giustificare il suo operato, la Corte ha anche scritto che anche i "dazi reciproci" secondo il Trade Act del 1974, sono esplicitamente esclusi dall'ambito dei poteri d'emergenza se usati come rimedio a un deficit commerciale. È difficile immaginare che una corte superiore possa ribaltare questa sentenza, e che persino una Corte Suprema politicamente schierata, possa porsi in totale contraddizione con il dettato costituzionale. Secondo Brad W. Setser del Council of Foreign Relations, l'amministrazione Trump pur avendo fatto ricorso in appello, non si aspetta un ribaltamento della sentenza, ma punta a diversificare la motivazione delle tariffe, approfittando della complessa normativa. E' infatti teoricamente possibile ricorrere a diverse parti della normativa federale sui dazi: la sezione 232 che fa riferimento alla sicurezza nazionale e la sezione 301 che riguarda le pratiche straniere sleali. L'espediente dell'invocata sicurezza nazionale non é nuovo, per primo è stato usato da F. D. Roosevelt nel 1937 nel discorso passato alla storia come il "Quarantine speech", che segnò la fine dell'isolazionismo e l'avvio della politica estera interventista di Washington. Ma questo approccio è particolarmente confacente alla retorica presidenziale di D. Trump, che ha già avviato quattordici istruttorie basate su questa sezione, quasi tre volte di più rispetto a qualsiasi altro presidente. Ci sono tre casi per dazi già in vigore (acciaio, alluminio e automobili) e quattro casi in cui non è stata intrapresa alcuna azione (uranio, spugna di titanio, trasformatori e vanadio). Oltre a sette indagini conoscitive: rame, legname, semiconduttori, prodotti farmaceutici, camion, minerali essenziali e motori per aerei commerciali/jet.Per quanto riguarda la sezione 301, nazioni etichettabili in modo diverso, rivali o quasi alleate come Cina e Vietnam, sono accomunate nella definizione delle pratiche concorrenziali sleali e rischiano di vedersi applicare i massimi livelli tariffare nei dazi. Ma tutto questo richiede lunghi negoziati, un procedimento amministrativo complicato e pieno di rischi per errori banali, e in ultima analisi nessuna libertà operativa per l'aministrazione. In generale gli alleati - Giappone, Corea, Australia, UE - che teoricamente non possono essere annoverati in queste due categorie, pur senza avere effettivamente baciato alcuna parte del fisico presidenziale, come detto da D. Trump, sono comunque incentivati a cercare di sottoscrivere accordi commerciali con l'amministrazione Trump, per disinnescare gli effetti negativi della raffica di dazi annunciata ormai un mese fa.
Significativa la reazione dei mercati finanziari alla sentenza della corte: i rendimenti dei titoli di Stato statunitensi sono aumentati, con i buoni del Tesoro trentennali che hanno superato il 5%. Considerando che il governo USA contava su entrate tariffarie per contribuire a finanziare il bilancio, il minor gettito da dazi potrebbe comportare la necessità di nuove emissioni obbligazionarie per coprire il deficit. E se i rendimenti obbligazionari statunitensi resteranno sui livelli più elevati, finiranno per frenare l'attività economica e la crescita. Senza tralasciare gli effetti sul dollaro, che potrebbe essere indebolito perché gli operatori avranno ancora la tentazione di diversificare gli investimenti su mercati meno turbolenti e incerti, diventando un generatore di inflazione che potrebbe inibire l'uso di leve monetarie diverse nel prossimo futuro.
Da quando il 2 aprile scorso il Presidente Trump aveva messo in scena il "Tariffs Liberation Day", con l'intenzione di alleviare la pressione sul debito pubblico americano, non solo le vecchie regole delle relazioni internazionali e del commercio internazionale hanno resistito, ma questa sentenza boccia nel merito e nel metodo la presidenza Trump. Questo potrebbe segnare la fine del primo periodo del quadriennio. L'affannosa strategia di difesa dell'economia americana oieintata al sovranismo, non solo non ha dato alcun risultato positivo, ma finisce arenata sulle secche del rispetto della separazione dei poteri. Adesso per Donald Trump sarà difficile continuare con lo spettacolo senza soste di ordini esecutivi, spesso inefficaci, mentre non riesce a recuperare un ruolo dominante per gli USA nelle relazioni con i due super competitor Cina e Russia, né ad imporre non la pax americana ma il semplice buon senso ai due protagonisti del massacro medioorientale, Hamas e Israele. Il tutto mentre l'erario americano fatica a tenere attivo il volano per lo sviluppo economico. Chissà che persino Trump non finisca per rendersi conto che può trovare una valida sponda nel vecchio e ammuffito alleato, l'Europa: non solo un mercato da condizionare, ma un partner per ricostruire un sistema internazionale ormai irrimediabilmente intossicato.
https://www.cit.uscourts.gov/
https://www.law.cornell.edu/uscode/text/28/251
https://constitution.congress.gov/constitution
https://historyplex.com/meaning-significance-of-roosevelts-quarantine-speech
https://www.cfr.org/expert-brief/relief-and-realism-global-reactions-us-tariff-rulings