17 Novembre 2020 Le frodi nella storia elettorale americana
Diario

17 Novembre 2020 Le frodi nella storia elettorale americana

Qualunque sistema elettorale è suscettibile di essere destabilizzato da qualche forma di frode, che può variare nei modi e nei mezzi.  Manipolazione del consenso, brogli elettorali,  acquisto di voti, limitazioni del diritto di voto, molestie nei confronti di votanti e funzionari, sono modi da sempre e ovunque tentati per interferire illegalmente nel processo elettorale. La storia americana non è esente da queste piaghe.

Dopo la lunga stagione dei Fondatori, in cui solo una élite selezionata per censo aveva diritto di voto, si può dire che quando il settimo presidente Andrew Jackson, concesse i diritti politici a chi non possedeva proprietà, iniziarono le pratiche fraudolente. Abitudini illegali come il “cooping” e l’utilizzo dei “repeaters”, furono largamente adottate per manipolare la volontà dei singoli elettori e i risultati stessi.

Un famoso politicante californiano disse: “La politica è un gioco che non si fa con le regole della scuola domenicale". Le cronache americane dell’epoca riportano decine di casi in tutta la nazione, da San Francisco a Kansas City sino a New York  e Chicago. Votanti disciplinati venivano reclutati in bar, bische e ospedali, avviati alle urne per votare e se necessario per distruggere le urne elettorali. Nella Chicago del primo dopo guerra un boss locale trovò il modo di sfruttare la novità del suffragio femminile reclutando nuove docili elettrici nelle case di tolleranza.  Gli immigrati sono stati tradizionalmente oggetto di intimidazioni e manipolazioni per spingerli a dare il loro voto in massa ad un candidato che poi avrebbe del tutto ignorato le istanze di quei votanti. E la violenza è stata usata senza ritegno sino al secolo scorso: il 27 marzo 1934, a Kansas City si contarono 4 morti  e 11 feriti nei tumulti legati alle elezioni .

Nella seconda metà dell’Ottocento la struttura di controllo della politica newyorkese legata al Partito Democratico, nota come Tammany Hall, riuscì a lungo a manipolare le elezioni nella grande mela. Solo alla  fine del Novecento fu oggetto di inchieste giudiziarie, e fu poi disinnescata dall’accordo fra F. D. Roosevelt e F. La Guardia, che portò il primo alla Casa Bianca e il secondo alla carica di sindaco di New York. Uno dei protagonisti della stagione più buia dell’Ottocento, noto come Big Tim Sullivan, così spiegava come quadruplicare ogni voto: "Prima mandi l’elettore al seggio con baffi e barba, poi lo porti da un barbiere e gli fai rasare il mento; dopo un secondo voto fai regolare la barba sui lati della faccia, e vota una terza volta. Se ciò non bastasse fai tagliar via i baffi e vota con la faccia pulita. Questo rende ogni elettore buono  per quattro voti” (New York Times 27 Settembre 1964).

Questa tradizione è certamente stata spazzata via nel Novecento dal voto segreto, l’utilizzo di macchinari non alterabili, e la registrazione permanente dell'elettore, che pur senza eliminare del tutto il rischio di frode, hanno reso più sottile e difficile la manipolazione. All'epoca del Watergate addetti ai lavori e magistrati furono sorpresi per lo spudorato candore con cui le operazioni di manipolazione dell'elettorato erano state condotte dallo staff di Nixon. Negli ultimi dieci anni il FBI è intervenuto in modo concreto, con inchieste sulla manipolazione informatica in Georgia nel 2014 e l’inchiesta poi finita nelle mani del Procuratore Speciale Muller sull’influenza illecita dell’intelligence Russa nel 2016.

Un’analisi del 2003 del Demos Institute ha registrato almeno tre casi accertati di frode elettorale in Florida, California e Missouri (https://www.demos.org/sites/default/files/publications/Analysis.pdf). La Heritage Foundation, un think tank conservatore che ha sostenuto senza esitazioni il Presidente Trump sino dal 2015, riporta 11 casi di frodi documentate dal 1982 al 2016 (https://www.heritage.org/election-integrity/heritage-explains/voter-fraud), tutti ai danni di candidati repubblicani. A prescindere dalla manifesta parzialità di quest’ultima fonte, ci sono chiari indizi di quanto sia attuale la necessità che il momento più alto dell’esercizio della democrazia sia preservato da sospetti nell’interesse di tutti.

Il processo elettorale include tre categorie di protagonisti: i cittadini votanti, i funzionari pubblici che sovrintendono al procedimento, i candidati.

Il voto dei cittadini è uno degli elementi essenziali e caratterizzanti della democrazia. Ma nel mondo moderno, condizionato come non mai dalle possibilità offerte dalla comunicazione, ancor più con la diffusione digitale di informazioni prive di controllo, il processo elettorale rischia di essere condizionato da troppi elementi di confusione e distorsione. La televisione è stata l’elemento determinante nella costruzione del consenso dal 1960 al 2016, ovvero dal dibattito televisivo Kennedy – Nixon all’irrompere della disinformazione digitale del tipo Cambridge Analytica. Walter Kronkite, che ha contribuito a formare le opinioni politiche di due generazioni di americani, trent’anni fa parlando dell’importanza assunta dai dibattiti televisivi disse parlando alla Harvard Kennedy School: “The debates are part of the unconscionable fraud that our political campaigns have become.Here is a means to present to the American people a rational exposition of the major issues that face the nation, and the alternate approaches to their solution. Yet the candidates participate only with the guarantee of a format that defies meaningful discourse. They should be charged with sabotaging the electoral process.” (Jill Lepore - These Truths  - W. W. Norton & Company / Kindle). L’immagine della realtà percepibile attraverso lo schermo televisivo prevaleva sulla realtà stessa. Nell’epoca digitale l’efficacia della propaganda sui social network ha stravolto l’effetto della  percezione diffusa attraverso la televisione. Con l'aggravante della disinformazione intenzionale.

I funzionari pubblici, scelti da un sistema strettamente bipartitico, e solo parzialmente elettivo, sono chiamati a rappresentare gli interessi generali prescindendo dall’appartenenza politica. Una scelta non sempre facile, perché finisce per porre ogni piccolo burocrate locale di fronte al bivio fra l’obbedienza alla propria coscienza e la propria sopravvivenza. Perché gli apparati dei partiti tendono a espellere chi non si pieghi in modo totale all’imperativo della vittoria ad ogni costo. E la sostanziale immobilità dei risultati, per cui gli stati negli USA restano per decenni ancorati ad un campo politico, favorisce il fenomeni della disciplina di partito.  Si può però fare affidamento sulla larga maggioranza di funzionari fedeli alla legge.

Per quanto riguarda i candidati, resta valida senza limiti di tempo e di luogo la formula usata da W. Churchill, che di elezioni se ne intendeva:  “A politician looks forward only to the next election. A statesman looks forward to the next generation”.  L’esperienza delle elezioni americane del 2020 dimostra che proprio la qualità della classe politica deve ritrovare la capacità di agire nell’interesse generale.

Il processo elettorale americano così come concepito dai Padri Fondatori sembra aver bisogno di essere riformato o quantomeno aggiornato alle logiche dei nostri tempi. Da tempo nei centri studi americani è aperta la riflessione sul collegio elettorale, concepito dai Padri Fondatori per essere un baluardo tra l'elettorato e la presidenza. Nell’intenzione originale il voto popolare andava incanalato perché "l'elezione diretta dovrebbe essere fatta da uomini capaci di analizzare le qualità adattate all’ufficio …che possiedono le informazioni e il discernimento necessari per decisioni così complicate" (Alexander Hamilton -  Federalist n. 68). E in tempi non sospetti Tobias T. Gibson aveva scritto che “Trump è esattamente il tipo di presidente che i Fondatori avevano in mente quando hanno progettato il Collegio Elettorale per proteggere il Paese se gli elettori avessero fatto un errore" (The Hill – 18 Agosto 2016).

Appare impensabile l’eliminazione pura e semplice del collegio elettorale, che andrebbe a diretto detrimento del Partito Repubblicano, quasi mai vincitore del puro voto popolare, e a scapito dell’imperfetta eguaglianza fra gli Stati dell’Unione. Ma come dimostra l’attuale stallo post elettorale, è anche necessario trovare un sistema che ridia legittimazione piena all’ufficio presidenziale.

Il libro

Il Libro

Euramerica

Di Gianfranco Pascazio
Edizioni l'Ornitorinco

Acquistalo ora su: