La tentazione monarchica 1: D. Trump contro la "rule of law"
Voci dall'America

La tentazione monarchica 1: D. Trump contro la "rule of law"

Cercare di capire la direzione che prende la storia in tempo reale è un esercizio da brividi: come stare contemporaneamente nell'occhio del ciclone ed in bilico su un precipizio. Il minimo che possa succedere è di sopravvalutare alcuni eventi e sottovalutarne altri. Si deve comunque cercare qualche punto di riferimento, precedenti alla mano.

Di fronte all'intenzione dichiarata dal Presidente D. Trump di cambiare molte regole del gioco consolidate, si è evocato da più parti il rischio che confondere fenomeni transitori e forze profonde. I primi si esauriscono da soli, le seconde possono rivelarsi talmente radicate che cercando di scuoterle si rischia di far crollare l'intero edificio. Nel novero delle forze profonde messe sotto attacco dal Presidente Trump c'è certamente un certo modo ormai consolidato di intendere la legge e il rispetto della separazione dei poteri. L'approccio di D. Trump all'uso del potere esecutivo è più monarchico che democratico, perché Trump opera quasi esclusivamente tramite ordini esecutivi, anziché operare in connessione con il Congresso che ha il potere legislativo. Il Congresso poi, condizionato da una minoranza di fedelissimi del Presidente, non è al momento un fattore, anche se prima o poi qualcuno si chiederà cosa ci stanno a fare due Camere rappresentative che si presume dovrebbero legiferare. La partita si gioca anche sul tema della separazione del potere giudiziario da quello esecutivo, almeno stando ad alcune vicende che sono in corso con caratteristiche sorprendenti: il giudice distrettuale James Boasberg  sta valutando la possibilità di accusare Trump di oltraggio alla corte per avere disobbedito al suo ordine di fermare gli aerei che deportano gli immigrati. Come noto l'amministrazione Trump  aveva utilizzato una norma che data dal 1798, Alien Enemies Act, per giustificare l'espulsione rapida di migranti anche solo sospettati di reati. La legge si riferiva ad attività di intelligenza con il nemico, e già la differenza con i reati comuni appare evidente, ma oltre a questo il governo ha applicato la legge senza preoccuparsi di fornire prove delle attività criminali dei deportati. E questo viola la norma del giusto processo, che è una colonne dell'ordinamento americano. Il giudice Boasberg ha dato all'amministrazione Trump un'ultima opportunità di ottemperare all'ordine, avvertendo che in caso contrario, deferirà l'aministrazione all'autorità giudiziaria ordinando l'apertura di un procedimento.

C'è poi il caso della deportazione di Kilmar Abrego Garcia, che rischia di diventare il caso Sacco e Vanzetti di questo secolo. L'uomo, immigrato da oltre un decennio, sposato con una cittadina americana, è stato deportato in Salvador sulla base di quello che gli stessi avvocati del governo hanno definito un "errore amministrativo". Malgrado questo, contro un primo ordine della Corte federale, il Dipartimento di giustizia ha già fatto ricorso alla Corte Suprema, che ha respinto il ricorso, rinviando il giudizio alla Corte Federale perchè ordini al governo di facilitare il rimpatrio dell'uomo ingiustamente deportato. L'amministrazione Trump sta ignorando l'ordine della Corte Suprema. "Quello che emerge dagli atti è che non è stato fatto nulla. Nulla. Ho chiesto relaostrati zioni a persone con conoscenza diretta della vicenda e ho ottenuto pochissime informazioni concrete", ha detto il giudice nell'udienza del 16 aprile. Il Ministro della Giustizia Pam Bondi sostiene che Abrego Garcia avrebbe legami con un'organizzazione criminale chiamata MS-13, ma non ha dato al giudice, tramite i suoi avvocati, nessuna prova al riguardo. Inoltre il governo usa il suo potere politico per aggirare l'ordinanza della Corte Suprema: dopo un incontro alla Casa Bianca con D. Trump, il Presidente salvadoregno Nayib Bukele ha definito assurdo che il suo governo si assuma la responsabilità di trasferire negli Stati Uniti un "terrorista".

In entrambi i casi c'è la possibilità che il giudice condanni il governo, o un funzionario specifico, per oltraggio alla corte. In una sentenza del 1911, nel caso Gompers vs Buck's Stove & Range Co., la Corte Suprema ha stabilito che i tribunali possono far rispettare i propri ordini in caso di oltraggio alla corte: "Il potere dei tribunali di punire per oltraggio alla corte è parte integrante e necessaria dell'indipendenza della magistratura ed è assolutamente essenziale per l'adempimento dei doveri imposti loro dalla legge". Nel caso in cui un giudice ordini un'azione penale, l'incarico viene dato di solito al Dipartimento di Giustizia, che però nei due casi indicati dovrebbe agire contro sè stesso. La procedura prevede che il giudice può nominare un avvocato che svolga la funzione di pubblico accusatore, ma sempre sotto la supervisione del Procuratore Generale degli Stati Uniti. Un'altra opzione è il procedimento per oltraggio alla corte (contempt of court): il giudice in questa ipotesi emette un'ordinanza che dichiara colpevole di oltraggio alla corte il governo o in suo nome un funzionario governativo. Il giudice impone multe giornaliere sino alla cessazione dell'oltraggio oppure ordinare il carcere fino alla cessazione del comportamento. Due  particolari di importanza non trascurabile: l'oltraggio alla corte non può colpire il Presidente degli Stati Uniti perché non è vincolato personalmente dalle ingiunzioni del tribunale contro il governo federale. Inoltre il reato di oltraggio non è perdonabile con atto presidenziale.

In passato i giudici si sono generalmente riluttanti a dichiarare colpevoli di oltraggio alla corte i funzionari governativi, ma ci sono  comunque dei precedenti. Durante l'amministrazione Obama nel 2011, un giudice ha dichiarato il Dipartimento degli Interni colpevole di oltraggio alla corte per aver imposto una moratoria sulle trivellazioni petrolifere offshore dopo il disastro della piattaforma Deepwater Horizon. Due funzionari delle amministrazioni Clinton e Bush sono stati dichiarati colpevoli di oltraggio alla corte durante un contenzioso sulla cattiva gestione, da parte del governo federale, di fondi detenuti in trust per i nativi americani. In tutti questi casi i giudici si erano limitati a comminare delle multe giornaliere sino a quando il governo ha adempiuto gli ordini della corte.

Se ci sono connotazioni monarchiche nell'agire del Presidente, va anche detto che Donald Trump non fa che estremizzare una tendenza del diritto statunitenese che ha una radicata storia giuridica: dalla fine del Diciannovesimo secolo il diritto USA è transitato "da una concezione prevalentemente normativa ad una concezione prevalentemente descrittiva e possibilista" (M. R. Ferrarese). In altre parola negli USA il diritto si allontana dal formalismo e aderisce al realismo. In ambito civilistico questa tendenza è stata per primo definita da Oliver W. Holmes (1809-1894), secondo cui le obbligazioni contrattuali vanno depurate da ogni contenuto normativo e morale che ne implicherebbero il rispetto, per diventare oggetto di una scelta pragmatica fra esecuzione ed inadempimento. Per questa via si è affermato oltre Oceano il concetto di negoziabilità delle obbligazioni e in tempi recenti il diritto americano ha per primo concepito ad esempio i contratti cd "derivati", in cui diritti ed obblighi dipendono dalla fluttuazione di indicatori mobili. Così in ambito pubblico si abbandona la rigida determinazione del "pacta sunt servanda" per dare la massima libertà all'azione al governo, in funzione dell'opportunità politica, ben oltre il fenomeno del "decisionismo" degli anni ottanta del Novecento. In termini pratici l'attitudine del Presidente Trump tanto nei rapporti interni che in quelli esteri si configura come la denuncia (apparente) di leggi, trattati ed alleanze, al solo fine di scontare migliori condizioni in sede negoziale.

Un capitolo a parte riguarda l'attacco contro gli studi legali che hanno rappresentato clienti o posizione sgradite al Presidente Trump. Alcune grandi  "firm" hanno accettato il ricatto, come Perkins Cuey, uno dei cinque grossi studi del "cerchio magico", che ha pagato 40 milioni di dollari in tempo da dedicare "pro bono" a cause per sostenere l'amministrazione Trump. Convertendo così  il "pro bono", una delle colonne che riequilibrano il sistema legale americano in favore dei meno abbienti, in un finanziamento al presidente e alle sue politiche contrarie al rispetto della legge. L'intero apparato dell'avvocatura americana ha reagito a questi attacchi in larga parte originati dalla vlontà di vendetta da parte del più potente fra i politici contro i suoi avversari personali. Anche se in pochi hanno accettato di sfilare davanti davanti al Congresso per respingere apertamente il ricatto e chiedere l'intervento del corpo legislativo a difendesa del sistema legale americano.

Il punto è che mentre un re, o un dittatore, sono "capi di stato che esigono obbedienza perché hanno il totale controllo della nazione, il presidente in una democrazia elettiva ha funzione di rappresentanza dell'unità nazionale, ma deve servire tutti i cittadini e rispettare le altre componenti delle istituzioni" (Shannon Bow O'Brien - University of Texas Austin). L'esercizio estremo del potere esecutivo non è detto che sia premessa di un nuovo e diverso equilibrio, anzi, al momento è fonte di instabilità. Esattamente come la gestione dell'economia attraverso l'uso estremistico ed altalenante dei dazi ha fatto entrare in fibrillazione l'intero sistema economico americano. Essendo trascorsi 89 dei 100 giorni della tradizionale "luna di miele" fra nazione e nuovo Presidente, lo stress test per le istituzioni americane prosegue, e il Presidente ha altri 1300 giorni per dimostrare che la sua tattica, come promesso, renderà grande l'America, ma al momento fatica ad esercitare anche solo una "moral suasion", all'interno come a livello globale, essendosi sino ad oggi dimostrato incapace anche solo di facilitare la pace in Ucraina.

https://www.nytimes.com/2025/03/19/us/politics/deportation-flights-doj-fight.html
https://www.nytimes.com/2025/04/14/us/politics/abrego-garcia-trump-deportations-el-salvador.html
https://www.supremecourt.gov/opinions/24pdf/24a949_lkhn.pdf
https://supreme.justia.com/cases/federal/us/221/418/
https://theconversation.com
https://www.youtube.com/watch?v=rThNA-_v2jU

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