La sinistra europea e Biden secondo Mario Giro
Voci dall'Europa

La sinistra europea e Biden secondo Mario Giro

Mario Giro, politologo, leader di DEMOS - Democrazia solidale, già sottosegretario e poi viceministro agli Affari Esteri, il 28 maggio ha pubblicato su Domani una  riflessione sulle prime conseguenze della presidenza Biden per gli alleati occidentali: Cosa sta imparando la sinistra europea da Joe Biden. Si tratta di un punto di vista originale e pragmatico, lontano dalla dicotomia americanismo/anti americanismo, e attento al posizionamento politico che sembra caratterizzare la presidenza Biden, che finisce per superare i tradizionali schemi con cui in Europa si guarda alla politica americana.

"Proprio in America, dove meno la si aspettava, ecco la rivincita del sistema che fece grande l’Occidente: chi guadagna di più ha più responsabilità e paga di più, per tutti. Per Biden è un modo di superare i radical dei diritti: vera sinistra è unire (nella giustizia sociale), non dividere (nello scontro fra identità).

Biden ha capito che solo con la solidarietà economica e sociale (che riequilibra la società) si battono i regimi autoritari e liberisti che oggi sfidano l’Occidente e lo accusano di inefficienza e iniquità.

La vera sorpresa di questi mesi è che Joe Biden si sta rivelando più a sinistra di tutti i leader europei delle medesima inclinazione. Enrico Letta pare l’unico ad averlo capito. La veterosinistra, o se si vuole la vecchia socialdemocrazia, sono più a sinistra delle stinte riproduzioni a cui abbiamo assistito dall’invenzione della cosiddetta “terza via” ad oggi. “It’s the economy, stupid” è stato finalmente accantonato, assieme al clintonismo e ai suoi derivati come il blairismo o il social-liberalismo. Scavalcate anche le prudenze obamiane e la cosiddetta sinistra dei diritti. Libero da ogni condizionamento e da vecchio liberal sociale quale è sempre stato, attento ai sindacati e ai ceti medi produttivi, Biden si svela per la sua pragmatica e concreta ricetta: un grande piano di rilancio che non ha paura di mettere assieme sussidi ed investimenti, che non teme le grandi cifre ma soprattutto che abbatte il tabù dei ricchi, quello che in Europa fa tremare i dirigenti progressisti di ogni tendenza: le tasse vanno aumentate e di molto se necessario. A questo aggiunge ora anche la sospensione dei brevetti sui vaccini.

Come si nota sulla proposta Letta per i giovani, parlare di tasse da questa parte dell’oceano fa vergognare anche il più radicale dei dirigenti di sinistra: dagli anni Novanta in poi non si può più. Le destre, estreme o moderate di ogni risma, lanciano continui strali appena la parola è pronunciata e si strappano le vesti. La cosa più grave è che la cultura liberista ha mutato la percezione generale sulle imposte: da metodo redistributivo sono passate ad essere considerate come una specie di furto. Le destre tutte (liberali, moderate, populiste e sovraniste) hanno vinto una battaglia culturale in assenza di concorrenti validi, scomparsi dal campo: le tasse sono una cosa brutta che va possibilmente eliminata.

Biden farà pagare buona parte del suo articolato piano di rilancio da 6.000 miliardi di dollari dall’aumento delle tasse. Così sfugge alla tagliola dell’aumento del debito e fa giustizia: la crisi attuale ha aumentato a dismisura i benefici della classe più ricca e agiata, declassando i ceti medi e sommergendo quelli poveri. Una sperequazione che si va accumulando da quando il motore iperliberista ha fatto esplodere le remunerazione finanziarie e cambiato il sistema economico.

Non si tratta del ritorno dei dinosauri o del trionfo dell’economia statale sussidiata: Biden ha capito che solo con la solidarietà economica e sociale (che riequilibra la società) si battono i regimi autoritari e liberisti che oggi sfidano l’Occidente e lo accusano di inefficienza e iniquità. "

Un intervento destinato ad alimentare il dibattito politico italiano dopo la revisione filo occidentale del Ministro degli Esteri Di Maio, e le oscillazioni filo russe della destra italiana. Ma anche il dibattito dell'Europa post Brexit, mentre si avvicina la fine della carriera politica di Angela Merkel e Emmanuel Macron sembra sondare una nuova forma di collaborazione franco americana.

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