Diario della settimana: Trump assolto. Repubblicani ricattati
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Diario della settimana: Trump assolto. Repubblicani ricattati

Inevitabile iniziare dalla fine della settimana: sabato 13 febbraio 57 Senatori hanno ritenuto Donald Trump colpevole di incitamento all'insurrezione, mentre 43 lo hanno dichiarato non colpevole. Questa maggioranza si è rivelata insufficiente per raggiungere i 2/3 dei presenti, e quindi D. Trump è stato assolto. Il leader della maggioranza Schumer ha attaccato i repubblicani, per non avere avuto il coraggio di votare contro Trump. Sorprendente il discorso del leader della minoranza, McConnell, che ha detto di giudicare Trump moralmente colpevole per l’assalto al Congresso di cui è stato l’unico responsabile, ma che a suo giudizio il ruolo del Senato non è di dare giudizi morali ma politici. Secondo McConnell è compito della giustizia penale e civile giudicare il cittadino Trump.  Esercizio di assoluta ipocrisia o di suprema abilità politica ? O successo del ricatto esercitato da Trump e dalla sua corte sul GOP ?

La cronaca della settimana.

Domenica 7 gennaio ha sorpreso la presa di posizione in favore della costituzionalità dell’impeachment espressa da un noto legale repubblicano, Charles J. Cooper. Già cancelliere del giudice conservatore William H. Rehnquist , e consulente di leader repubblicani come Ted Cruz, John Bolton e Jeff Session, Cooper sul Wall Street Journal del 7 febbraio 2021 ha smontato la teoria proposta dal senatore Rand Paul, e sostenuta senza fortuna la scorsa settimana da 40 senatori repubblicani. Secondo il legale, poiché la Costituzione consente al Senato di vietare ai funzionari condannati di ricoprire cariche pubbliche in futuro, "non è logico sostenere che al Senato è inibito processare e condannare ex funzionari". La base repubblicana richiama i suoi leader alla responsabilità di un voto che conta da ogni punto di vista più per il futuro che per il passato. Ma è probabile che due motivazioni possano spingere i repubblicani a salvare Trump: la difesa del partito contro un presunto atteggiamento vendicativo dei democratici, e il timore che il ricatto di Trump possa mobilitare la base più estremista del partito alla prossima scadenza elettorale.

Sembra praticamente impossibile per i democratici ottenere i voti di cui hanno bisogno per condannare Trump. Secondo alcuni osservatori (Politico – Dispatch), l’obbiettivo della maggioranza è di persuadere il pubblico americano che Trump non dovrebbe mai più ricoprire un incarico, e chiudere su questo sentimento diffuso il ciclo elettorale del 2020.

Torna a circolare l’ipotesi già segnalata sul Washington Post dai docenti di diritto Bruce Ackerman di Yale e Gerard Magliocca dell'Università dell'Indiana, che il Congresso potrebbe ricorrere alla previsione del 14 ° emendamento, che impedisce di ricoprire cariche federali a chi si sia reso colpevole di “insurrezioni o ribellioni contro” la Costituzione. Se entrambe le votassero a maggioranza semplice una risoluzione in tal senso, D. Trump non potrebbe candidarsi di nuovo alla Casa Bianca. Benchè un successivo voto con maggioranza dei due terzi di ciascuna camera potrebbe in futuro annullare quel risultato.

Nella prima giornata del procedimento, il 9 febbraio, non tutto è andato male per D. Trump, che in privato sarebbe comunque furioso con i suoi avvocati, arruolati solo una settimana fa, e contro i senatori repubblicani, colpevoli di non difenderlo abbastanza. In realtà il voto sulla costituzionalità della procedura si è risolto in modo molto simile a quello di una settimana fa: 44 senatori repubblicani sono rimasti allineati dietro l’ex presidente. Un solo nuovo dissidente si è aggiunto ai cinque che già avevano votato con la maggioranza democratica: il senatore Bill Cassidy della Louisana, che aveva votato a favore della mozione del senatore Rand Paul. Cassidy è un medico, impegnato per anni nell’assistenza a pazienti privi di assicurazione, che ha evitato ogni omologazione con i costumi politici dell'era Trump. Non è un lealista come Lindsey Graham o Rand Paul. Né è un critico frequente dell'ex presidente come Mitt Romney o Bob Corker. ma un conservatore affidabile, vicino ai leader del partito. Mancano 11 voti per arrivare alla maggioranza qualificata richiesta. Anche ammesso che escano allo scoperto quei senatori repubblicani che privatamente hanno espresso disponibilità a condannare Trump, si tratta di trovare senatori disposti a mettere in gioco il proprio seggio, ben sapendo che per la rielezione rischiano di dover affrontare le primarie contro l'ala pro-Trump del partito. Tre senatori che hanno annunciato di non volersi ricandidare, e lo stesso ex capogruppo McConnell si è espresso in modo critico nei confronti della presidenza Trump. Ancora troppo poco per poter parlare di una possibilità seria di condannare Trump. La diffusione delle riprese dell’assalto della folla ha però portato una ventata di emozioni in un’aula assuefatta ad ogni cinismo, e questo, più che gli argomenti giuridici e politici, tiene aperta la possibilità di una condanna.

Nella seconda giornata del processo, il 10 febbraio, i manager dell’accusa hanno allargato il raggio temporale delle accuse, mettendo in relazione le azioni del 6 gennaio con le violenze verbali e fisiche della campagna elettorale; ne è un esempio la difesa fatta da Trump del gruppo dei Proud Boys durante il dibattito elettorale del 7 settembre 2020, è stata collegata direttamente all’assalto al congresso con il supporto di copie dei messaggi sui social e con immagini delle telecamere di sicurezza del 6 gennaio 2021. L’impressione è che la strategia democratica tenda a convincere il più ampio numero possibile di americani, prima che di senatori, che quella di Trump è stata un’azione deliberata iniziata durante la campagna elettorale, volta a cercare di sventare un’eventuale sconfitta. E che quella di Trump non è la via americana alla politica.  Bob Shrum, oggi direttore del Dornsife Center for the Political Future presso la University of Southern California, ha dichiarato al NYT: “l’accusa ha unito i puntini fra gli incitamenti di Trump e l’assalto al Congresso; hanno la “pistola fumante”, eppure Trump sarà assolto”. Perché in questo processo conta solo la politica, e la sopravvivenza politica dei senatori repubblicani sembra ancora passare dalle mani, e dai milioni, di D. Trump.

Pura politica sembra esserci anche dietro la ripetizione da parte di M. McConnell delle sue dichiarazioni sul voto di coscienza, e sulla sua personale indecisione sino a questo momento. Il leader dei senatori repubblicani sta forse conducendo un negoziato a distanza con Trump, alzando il prezzo del sostegno del partito all’ex Presidente. La coscienza c’entra pochino.

Il Presidente pro tempore senatore Lehay non ha dato prova di tenere il controllo dell’assemblea quando non è riuscito a fare capire ai senatori le sue intenzioni sull’obiezione del senatore Lee che per fatto personale pretendeva che venisse espunto un passaggio che lo riguardava dalla registrazione dell’atto di accusa. La seduta si è chiusa con molti senatori che non avevano capito cosa avesse deciso il presidente.

Il 10 febbraio la Casa Bianca ha informato che il Presidente Biden e il presidente cinese Xi Jinping hanno avuto la prima conversazione telefonica da quando il leader degli Stati Uniti è entrato in carica. Secondo le informazioni date alla stampa, Biden ha affrontato le aree di possibile cooperazione come la politica sul cambiamento climatico, ma anche messo l’accento sui problemi legati alle politiche commerciali e sulle violazioni dei diritti umani contro gli uiguri nello Xinjiang. Secondo la televisione di stato cinese, Xi ha chiesto il ripristino di varie linee di comunicazione al fine di prevenire lo scontro, descrivendo gli eventi nello Xinjiang, Hong Kong e Taiwan come questioni interne. A tenere alta la tensione fra le due nazioni c’è poi stata la notizia data dal Pentagono che due squadre aree americane sono in missione nell’area di Formosa. Biden ha incaricato il Pentagono di condurre una revisione della strategia degli Stati Uniti nei confronti della Cina. Come nota James Palmer di ForeignPolicy, la valutazione è tempestiva, "ma approcciarla puramente da una prospettiva militare non è sufficiente".

La presentazione delle accuse contro D. Trump è terminata il 11 febbraio, e secondo voci attendibili filtrate dal team difensivo, gli avvocati dell’ex Presidente potrebbero terminare già il 12 febbraio le loro argomentazioni, in modo tale che il voto potrebbe essere fissato per sabato 13.

Non sembrano possibili sorprese, perché dal fronte Repubblicano non arrivano segnali di cedimento nel sostegno a Trump. L’unico dubbio è alimentato dal silenzio del capo gruppo al Senato M. McConnell, che privatamente avrebbe qualificato Trump come un pericolo per il Partito Repubblicano, per avere provocato l'assedio del Campidoglio. McConnell, 78 anni, potrebbe ritirarsi nel 2026 e non affrontare la battaglia per la rielezione all'età di 84 anni, e potrebbe vedere questo voto come il momento che potrebbe definire la sua eredità politica. Il senatore del Kentucky notoriamente è un ammiratore della figura politica di Henry Clay, anch’egli originario del Bluegrass State, famoso per il "Grande compromesso" con cui cercò di tenere insieme l'Unione prima della Guerra Civile. E del suo predecessore sul seggio senatoriale, John Sherman Cooper, un repubblicano progressista che negli anni Sessanta del secolo scorso prese sui diritti civili una posizione impopolare all’interno del partito. Sarà chiaro a breve quanto contino questi precedenti ideali al momento del voto sull’impeachment.

Venerdì 12  febbraio i legali di D. Trump, fiduciosi di poter contare su un numero sufficiente di voti dei repubblicani per assolvere il loro cliente, hanno usato solo tre delle 16 ore loro assegnate. I legali dell'ex presidente hanno sostenuto, tra le altre cose, che Trump non ha incitato le rivolte del Campidoglio, affermando poi che il suo discorso era protetto dal Primo Emendamento. La difesa ha ripreso lo stile combattivo dell'ex presidente, mettendo sotto accusa gli accusatori, e negando con convinzione l’evidenza dei fatti. Limitandosi ad accennare alla caccia all’uomo scatenata all’interno del Campidoglio il 6 gennaio, e negando con foga che le parole di Trump abbiano influenzato la folla, il team difensivo ha accusato i democratici di avere alterato le prove presentate con montaggi maliziosi. Appoggiandosi sulla proiezione di materiale d’archivio che proponeva immagini di Trump che evocava “legge e ordine” ed esponenti democratici che predicavano “la lotta”, gli avvocati di Trump hanno cercato di svuotare di significato le parole ed azioni dell’ex Presidente il 6 gennaio. Ci sono alcuni scambi di accuse stizzite fra i legali delle due parti: l’avv. van der Veen della difesa ha descritto l’intero processo come "l'esperienza più miserabile che abbia avuto qui a Washington, D.C." e ha accusato il rappresentante Jamie Raskin, di avere truccato le prove.

Raskin ha risposto seccamente: “Mi dispiace che questa stata la sua peggiore esperienza a Washington, ma amico avresti dovuto essere qui il 6 gennaio" per concludere rivolto ai legali della difesa: “Quanto pensate che siamo creduloni?”. Una breve sessione di domande da parte dei senatori, che hanno ricevuto solo ulteriori asserzioni politiche più che giuridiche, ha chiuso dopo meno di quattro ore quello che è stato l’ultimo giorno del procedimento. Il voto è stato fissato per sabato 13 febbraio.

Venerdì 12 è anche emerso con chiarezza il tentativo dell’amministrazione democratico dello stato di New York di coprire un grave errore di comunicazione nei dati riguardanti pandemia. In particolare erano emerse discrepanza e sottovalutazioni in merito alla situazione dei decessi nelle nursing home, le residenze sanitarie per anziani.  Pressati dai deputati dell’assemblea statale e allo stesso tempo da un’inchiesta del Ministero della giustizia, i funzionari del governatore Cuomo hanno fornito due versioni differenti della situazione. Solo dopo una settimana di imbarazzanti smentite è emerso che c’era stato un errore nella comunicazione dei dati sui decessi, che potrebbe avere pregiudicato gli interventi decisi dl governatore in quelle delicate comunità, esposte come sono alla pandemia. Il caso è diventato immediatamente politico esta creando un serio problema al governatore Cuomo, attaccato anche dall’interno del partito democratico dal sindaco di New York De Blasio.

Come detto sabato 13 febbraio il Senato ha votato 57/43 per la colpevolezza di Donld Trump, e non essendo stata raggiunta la maggioranza qualificata,l'imputato è stato assolto. Hanno votato con i democratici 7 senatori repubblicani: Burr,
Cassidy, Collins, Murkowski, Romney, Sassee, Toomey.

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