27 12 2021 L'inaugurazione (2):      Andrew Jackson
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27 12 2021 L'inaugurazione (2): Andrew Jackson

La cerimonia dell'inaugurazione, dopo quella iniziale di G. Washington descritta la  la scorsa settimana, rappresenta l'epilogo del complesso procedimento di passaggio dei poteri da un Presidente al suo successore. Questo processo è oggi regolato da una legge, il Presidential Transition Act del 1963, modificato diverse vote, l'ultima nel 2019. Il rispetto della procedura è parte integrante della continuità istituzionale, tanto che nei 230 anni di storia dell'Unione, in cui si sono succeduti 47 Presidenti, solo in cinque casi il presidente uscente non ha presenziato all'investitura del suo predecessore:

  • nel 1800 John Adams, non volle presenziare per la feroce rivalità con T. Jefferson, che si concluderà simbolicamente con la morte dei due antagonisti lo stesso giorno, il 4 luglio 1826;
  • nel 1829, John Quincy Adams lascò la capitale per non dover rendere omaggio al suo disprezzato successore, Andrew Jackson;
  • nel 1869, Andrew Johnson, entrato in carica dopo l'assassinio di A. Lincoln, preferì convocare l'ultima riunione del suo gabinetto mentre Ulysses S. Grant entrava in carica;
  • nel 1921, Woodrow Wilson fu assente al giuramento di Warren G. Harding per motivi di salute, ma lo accompagnò sino al Campidoglio;
  • nel 1974, dopo le drammatiche vicende del Watergate, Richard Nixon lasciò la capitale prima ancora che le sue dimissioni diventassero operative, lasciando solo Gerald Ford per il giuramento.

Il secondo degli Adams fece di questo piccolo sgarbo protocollare l'ultimo atto di una rivalità personale, politica e sociale con Andrew Jackson, che aveva sconfitto nelle presidenziali del 1824, per essere poi battuto nel 1828. Il 5 Marzo 1829, data dell'inaugurazione del mandato di Jackson, settimo Presidente USA,  è rimasta per molti motivi nella storia.

A 50 anni dall'Indipendenza si trattava della prima svolta radicale nella vita politica americana: la generazione dei fondatori era ormai estinta, e anche la loro eredità politica diretta era ormai dispersa. Nuove forze spingevano la nazione e uomini nuovi si accostavano alla gestione della cosa pubblica.  La festa per la vittoria fu una rude prova per il Generale del Tennessee, colpito dalla morte della moglie, Rachel, alla vigilia di Natale del 1828. La coppia era stata investita da un'ondata di velenose polemiche politiche, per un periodo di formale bigamia, poiché il divorzio di Rachel dal primo marito non era ancora stato formalizzato al momento del matrimonio con Jackson. Gli scontri erano proseguiti dopo la campagna elettorale del 1824, quando i due contendenti erano parte della stessa formazione, il Partito repubblicano-Democratico, e J. Q. Adams aveva prevalso su Jackson solo per decisione del Congresso.  La lunga pressione aveva aggravato la malattia che già minava il fisico di Rachel, sino al tragico epilogo poco prima dell'inaugurazione, e il Presidente non superò mai il senso di colpa che provò per quella fine prematura.

L'inaugurazione del 1828, come tutto il procedimento elettorale di quell'anno, fu segnata dall'irruzione delle masse nella vita politica. Una inusuale partecipazione al dibattito elettorale, coincidente con la riduzione delle barriere al diritto di voto basate sul censo, determinò un incremento dei votanti: da meno di 400.000 nel 1824 a oltre un milione nel 1828, su circa di 12 milioni di abitanti, di cui 2 milioni di schiavi (censimento 1830). Il Partito Democratico di Jackson aveva utilizzato i giornali e gli strilloni come un'arma politica del tutto anomala per la compassata società politica dell'epoca.

Per questo per la prima volta la cerimonia inaugurale fu una festa popolare e non un rito all'interno della classe politica. Jackson arrivò a Washington dopo un viaggio di tre settimane dalla sua residenza di Hermitage nel Tennessee e prese alloggio nel migliore albergo della capitale dell'epoca, il National Hotel, all'angolo fra Pennsylvania Avenue e la Sesta Strada, a pochi passi dalla Casa Bianca.

Il Presidente uscente J. Q. Adams, maldisposto verso Jackson per le lunghe contestazioni di quattro anni prima, e irritato perché il neo eletto non si era recato da lui in visita di cortesia, lasciò la città, boicottando la cerimonia. Pochi se ne accorsero, perché era calata su Washington una folla, che aveva occupato ogni stanza d'albergo disponibile, nell'attesa di poter vedere l'investitura dell'eroe popolare. Tanto entusiasmo venne premiato da una giornata di sole che rese memorabile la cerimonia, che per la prima  volta era stata organizzata all'aperto, nel Portico est del Campidoglio. Dopo due ore di attesa per il compimento degli atti istituzionali che precedevano la parte pubblica della giornata, gli almeno ventimila presenti dovettero trattenere il fiato per poter sentire il discorso di Jackson, al termine del quale furono rotti i cordoni della polizia e il neo Presidente dovette andare precipitosamente verso la Casa Bianca. Dove però trovò il piano terreno pieno di una folla straripante, di "ogni possibile razza, colore e ceto sociale". Ognuno voleva stringere la mano del nuovo Presidente, che venne difeso fisicamente da una barriera fatta dai suoi collaboratori per allentare la pressione fisica su di lui.  Alla fine della giornata si contarono danni per oltre 7.000 dollari, a causa delle porcellane e stoviglie andate distrutte nella confusione.

Gli eventi di quel giorno improntarono la Presidenza Jackson, e contano ancora con simpatia e ammirazione nel giudizio che gli storici riservano al settimo Presidente: "...l'inaugurazione del 1829, diede una dimostrazione così chiara dello spirito americano nella sua forma più turbolenta, esuberante e persino volgare, che i suoi ingredienti essenziali divennero tradizionali...."  (Robert V. Remini, - The Life of Andrew Jackson - Harper).

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