Primarie verso le elezioni del 2024: partito repubblicano (1)

Il campo Repubblicano è nettamente diviso fra veri sostenitori dell'ex presidente Donald Trump, che ne appoggiano in pieno il metodo politico e counicativo di apparente attacco all'establishment, per conquistare l'elettorato conservatore e rurale, e moderati che intendono andare oltre la figura e l'esperienza del 45° presidente americano, aggiornando la narrativa conservatrice propria del GOP.

Il partito vive una fase di transizione che pone serie incognite sul futuro: il leader della maggioranza repubblicana al Senato, M. McConnell ha seri problemi di salute che rendono certa la fine della carriera politica del più longevo leader della storia parlamentare americana. Il senatore anziano del Kentucky nel 2023 ha superato il record del detenuto dal democratico Mike Mansfield del Montana, che guidò il partito per 16 anni. Ora pPer la più importante carica parlamentare, si profila una successione annunciata, ma non per questo meno difficile e gravida di conseguenze.

Di Trump tutto è noto: i legami palesi con la destra più violenta, la capacità di raccogliere fondi e gestirli con disinvoltua, l'uso spregiudicato della violenza verbale, i guai con la giustizia per le se sue attività pubbliche e private. Tutto questo non turba il suo elettorato di riferimento, che continua ad odiare talmente l'America impersonata dai democratici, da ignorare le colpe del leader radicale. Il tema falsamente invocato dei brogli elettorali (inesistenti) nel 2020, è stato smentito da una serie di procedimenti giudiziari. Da ultimo Fox News ha patteggiato con Dominion Voting System per le falsità consapevolmente divulgate sulle macchine elettorali, e Rudolph Giuliani, il procuratore sceriffo diventato avvocato di Trump, ha ammesso di avere  reso false dichiarazioni su due funzionari del dipartimento elettorale della Georgia, al fine di ottenere un riconteggio dei voti. Malgrado tutto ciò il tema delle "elezioni rubate" continua ad essere centrale nella campagna dell'ex presidente, che così riscuote l'apprezzamento di un elettorato da sempre diffidente verso l'apparato politico centrale. Nelle elezioni di mid term di novembre 2022 questo estremismo è costato la maggioranza al senato ai repubblicani, ma questo non impedisce a Trump di farne il perno della sua strategia elettorale.

Il campo repubblicano non allineato con Trump dimostra la frammentazione del partito: ci sono alcuni "Never Trumpers", che assicurano della loro indipendenza dal populismo, e molti che pur aspirando ad un ritorno alla tradizione moderata del partito, non vogliono mettere a repentaglio la loro futura esistenza all'interno del sistema. E non manca chi è pronto a fare compromessi con Trump, alla ricerca di un lasciapassare per il proprio futuro politico.

Si sono candidati alle primarie repubblicane: Ron De Santis, che si auto definisce “meno peggio” di Trump, e sta gestendo la Florida, di cui è governatore rieletto, con una serie di leggi di stampo estremista contro i diritti delle minoranze, gli immigrati e il diritto all'aborto, per presentarsi come un'alternativa più presentabile, ma non meno estremista, rispetto a Trump. Dietro De Dantis corre Mike Pence, già vice ripudiato di Trump, dopo aver rifiutato di impedire la ratifica senatoriale dell'elezione di Biden nel 2020. Gia parlamentare e governatore dell'Indiana, Pence aveva rinnegato un passato giovanile di cattolico e di demcratico, aderendo alla Chiesa Evangelica e al Partito Repubblicano. Adesso Pence incarna il candidato repubblicano, conservatore ma non estremista, contrario all'allargamento dell'area dei diritti ma senza che perseguitare le minoranze. Ma la base estremista del partito lo considera un debole e un traditore, e la sua è una delle candidature più deboli. Vivek Ramaswamy, imprenditore di Cincinnati che è sceso in campo pubblicando le sue dichiarazioni dei redditi degli ultimi venti anni per rimarcare la distanza etica da Trump. Tim Scott, senatore afro americano della South Carolina, che rifiuta ogni argomento razziale, ed è sostenuto dalla comunità evangelica e dall'ancora vivace area che del "Tea Party". Scott viene accreditato come il possibile perfetto candidato alla vice presidenza in antitesi alla democratica Kamala Harris. Nikki Haley, anche lei di famiglia immigrata dall'India, deputato e governatore della South Carolina prima di essere nominata da Trump ambasciatrice all'ONU. Lo sforzo di Haley di mantenersi distante da Trump senza mettersi in aperta opposizione con l'ex presidente, sono un capolavoro di tattica politica, ma non è chiaro se avranno uno sbocco concreto. Asa Hutchinson, già governatore e rappresentante in Campidoglio dell'Arkansas, che bilancia le opinioni populiste contro l'assistenza sanitaria per le persone transgender, i vaccini e l'aborto, con la più moderata difesa in parlamento dell'accusatrice rpubblicana di Trump, Liz Cheney nelle investigazioni sull'attacco al Campidoglio il 6 Gennaio 2020.

Il timing e l'agenda repubblicani subiscono il forte condizionamento di istituzioni conservatrici come Heritage Foundation, il cui presidente Kevin Roberts sostiene che la crisi economica, la debolezza in politica estera e una spiccata sensazione di emergenza nazionale, devono spingere il partito repubblicano verso un'azione radicale, che vada oltre il tra moderati e populisti. La premessa è che la lotta contro il potere culturale di sinistra è esistenziale e si deve agire sempre nella modalità "noi-contro-loro", senza margini di trattativa. In questo fronte è diffusa la certezza che le principali istituzioni - il governo, i media, Hollywood, il mondo accademico le grandi imprese - siano irrimediabilmente corrotte da idee liberali su razza, genere e qualsiasi altra questione sociale. Per questo la prossima corsa per la Casa Bianca conterrebbe una sfida esistenziale, che potrebbe implicare la distruzione del modo di vivere che si assume essere veramente americano.

Secondo i sondaggi nazionali del centro studi FiveThirtyEight (https://fivethirtyeight.com/videos/who-would-win-if-trump-wasnt-in-the-gop-primary/) il vantaggio di Trump su DeSantis è passato da 16 punti all'inizio di marzo a 33 punti in luglio. Trump sarebbe anche in testa fra gli elettori repubblicani nell'indice di gradimento dei leader del partito, .

Intanto Donald Trump e i suoi alleati stanno, secondo fonti autorevoli, pianificando un ampliamento dei poteri presidenziali, incaso di ritorno alla Casa Bianca nel 2025. Nulla di nuovo e nulla di davvero segreto. Come ha riportato Francesco Costa in "Una storia americana" (Mondadori 2021), nel 2019 di fronte alle proteste dopo l'uccisione di Gerge Floyd a Minneapolis da parte di alcuni agenti apertamente razzisti, Trump in una riunione telefonica con i governatori repubblicani indicò il dominio sui cittadini come un fondamentale obbiettivo dell'azione di governo. Trump disse "se non li dominate perdete tempo....la parola d'ordine è: dominio...noi lo stiamo facendo a Washington...e avremo il dominio totale". Nei quattro anni passati nel dorato esilio privato in Florida, D. Trump ha continutato a sostenere il rafforzamento dell'azione della polizia, e richiesto la cancellazione della norma introdotta dopo il Watergate che garantisce l'indipendenza del Dipartimento di Giustizia dal controllo politico della Casa Bianca. Oggi Trump va oltre, ed ha affidato ai suoi collaboratori un obiettivo più ampio e strutturale: alterare l'equilibrio costituzionale fra i diversi poteri, aumentando l'autorità del presidente a scapito di ogni altra componente del governo federale. Questo disegno dovrà essere perseguito nei piani della campagna di Trump, eliminando ogni legge o tradizione che garantisce indipendenza dall'interferenza politica della Casa Bianca. Trump intende riportare sotto il diretto controllo presidenzialele tutte le agenzie governative oggi indipendenti, come la Federal Communications Commission, che regola il mercato televisivo e Internet, e la Federal Trade Commission, da oltre un secolo assolve la funzione antitrust a protezione dei consumatori.

Inoltre il sistema elettrale è nel mirino, con l'obbiettivo di ridimensionare il poetere del Senato, che il 17emo emendamento, ratificato nel 1913, ha reso il vero perno del sistema di equilibrio fra poteri costituzionali. Come ha scritto Hans A. von Spakovsky della Heritage Foundation, rendendo chiaro quale sia il "nemico interno" dei conservatori repubblicani: "Il diciassettesimo emendamento è stato il risultato dell'ascesa del "progressismo", spinto da intellettuali e riformatori sociali che credevano che il nostro sistema costituzionale di governo fosse obsoleto e necessitasse di essere riformato. È stato progettato per rafforzare l'autorità del governo centrale ed espandere le dimensioni e il potere di una burocrazia federale che potrebbe orchestrare i cambiamenti che credevano avrebbero portato a una nuova utopia, diminuendo al contempo il potere dei governi statali di contestare tali cambiamenti".

Uno scenario molto preoccupante, perché mentre Joe Biden ha ridato slancio alla leadership americana nel mondo, come dimostrato dalla compattezza NATO in occasione dell'aggressione russa all'Ucraina, Trump agisce secondo una logica crepuscolare di un impero americano in declino. E al di là di come ciascuno valuti il complesso della politica americana, la storia dimostra che "quando gli imperi o i grandi poteri crollano, aumentano caos e guerra" (Robert D. Kaplan). Non una visione tranquillizzante per il futuro.

https://www.southcarolinapublicradio.org/2023-07-26/rudy-giuliani-concedes-he-made-false-statements-against-2-georgia-election-workers
https://www.nytimes.com/2023/07/17/us/politics/trump-plans-2025.html
https://www.foreignaffairs.com/world/downside-imperial-collapse