Pio XII, Roosevelt e l'olocausto nel programma TV "Atlantide"

La puntata del programma "Atlantide"  di Andrea Purgatori è stata dedicata domenica 3 ottobre 2021 all'apertura degli archivi vaticani relativi al periodo 1930/1950, avviata nel 2020 per volere di Papa Bergoglio. Dal titolo e poi nel tono di alcuni interventi, è sembrato che l'esame di nuovi documenti abbia consentito una nuova interpretazione dell'azione di Pio XII negli anni della guerra a proposito dell'olocausto, tale da riscriverne la storia . Come detto di passaggio durante la trasmissione, i documenti sono stati a disposizione degli storici solo per una settimana prima che le misure di sicurezza anti Covid chiudessero le porte degli archivi. Si tratta quindi solo di anticipazioni parziali, che peraltro se approfondite, rivelano ben poche novità. Almeno per il momento.

Lo storico H. Wolf, che ha premesso di non poter trarre conclusioni definitive visto il brevissimo periodo di studio consentito, è sembrato tuttavia risoluto nell'addebitare a Pio XII il mancato soccorso agli ebrei perseguitati, con colpevoli silenzi ed omissioni. Attraverso numerose domande retoriche Wolff ha descritto un capo della chiesa privo di volontà e succube di prelati conservatori e sottilmente anti semiti (Dell'Acqua), finendo per dare l'impressione di avere capovolto l'iniziale rinuncia a pronunciare giudizi, che invece ci sono stati. Va premesso che la storiografia è concorde nel ritenere che Pio XII sia stato un capo accentratore che ha imposto la propria linea affidando alla segreteria di Stato l'esecuzione e non certo l'elaborazione della politica vaticana. L'aspetto più singolare delle vere e proprie accuse di Wolff,  è che da parte dello storico dell'Università di Munster non c'è stato nessun tentativo di indagare e sviscerare le motivazioni complessive, del resto già note, delle posizioni del Vaticano. Al contrario, riducendo ogni aspetto della complessa vicenda a giudizi affrettati su singoli atti o eventi, Wolf è sembrato trascurare il contesto storico, dando una valutazione anacronistica della politica vaticana negli anni della guerra. Le conclusioni del prof. Wolf erano note, ed erano già state stroncate un anno fa dal prof. M. L. Napolitano, già autore del pregevole "The Vatican Files. La diplomazia della Chiesa. Documenti e segreti", anch'egli impegnato nello studio dell'archivio vaticano, che in merito ha scritto: "non è difficile riscontrare tutte le debolezze della tesi di Wolf e soprattutto della sua metodologia, dato che le massime verità storiche non si conquistano in soli cinque giorni....E’ tutto l’impianto della ricostruzione di Wolf che presta il fianco a critiche anche da parte di un non addetto ai lavori”.  A Napolitano nella trasmissione, è stato riservato uno spazio ridotto, e un ruolo ben diverso rispetto a Wolf: si potrebbe dire che in un simbolico processo televisivo a Pio XII, Wolf avrebbe avuto il ruolo del pubblico ministero, e Napolitano solo quello del testimone.

Il ruolo del difensore di Pio XII, in questa ipotetica sceneggiatura para giudiziaria, più che all'anziano postulatore della causa di santità Peter Gumpel, è stato invece attribuito nella trasmissione al prof. A. Riccardi, che ha evitato come suo apprezzabile costume i toni accesi, ed è sembrato imporsi  una attitudine problematica. Riccardi ha portato il ragionamento sul piano dell'indagine sull'insieme delle scelte papali fra il 1939 e il 1945, senza negarne certi silenzi, ma evitando anche di trarne conclusioni affrettate. Il filo logico seguito da Riccardi ha permesso di estendere l'esame dei  dubbi e interrogativi ad altri settori dello scenario bellico e diplomatico, come quello relativo alla Polonia. Anche nel caso della prima vittima dell'aggressione tedesca nel 1939, infatti, molte furono le richieste di aiuto giunte per i canali più vari al papa, e pochissime furono le concrete occasioni di intervento pubblico e diretto della diplomazia vaticana e della gerarchia ecclesiastica, che agirono sempre dietro le quinte. Riccardi ha dato l'impressione di non voler accendere una lite fra specialisti, e si è astenuto dal contestare direttamente le affermazioni di Wolf, dedicandosi piuttosto al tentativo meno eclatante, ma più serio, di riscostruire la complessità della verità storica, comunque tenendo sottintesa la difesa di papa Pacelli.

Apertamente critica è risultata l'intervista al rabbino R. Di Segni, capo della comunità ebraica romana, che ha confermato il giudizio di totale condanna di Pio XII per il rastrellamento dei 1.024 ebrei del ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943. Dalle parole di Di Segni è emersa l'attribuzione di una doppia responsabilità al papa: come capo della più grande comunità religiosa, e come vescovo di Roma. Pio XII in quanto papa avrebbe avuto l'onere di fare sentire la propria autorità morale al di sopra del rumore delle armi, mentre il vescovo Pacelli avrebbe dovuto intervenire in modo pratico per evitare la deportazione di una componente, ancorché non cattolica, della città di Roma. Ma lo stesso Di Segni ha accennato ai restanti 9.000 ebrei romani, che la curia contribuì a proteggere almeno dalla deportazione, facendo pressione sui tedeschi perché non si ripetessero i rastrellamenti. I destinatari di quelle richieste erano alti ufficiali tedeschi, in particolare cattolici, che il papa volle continuare a ricevere in udienza proprio per tenere aperto un canale di comunicazione privilegiato ed informale con il governo di Berlino. Un dialogo sulla sorte degli ebrei vi fu anche con i principali esponenti delle SS a Roma, come K. Wolff e E. Dollmann, già dubbiosi sulle sorti della guerra vista la situazione in Russia e l'intervento americano, che nei mesi successivi si discostarono dal fanatismo nazista, intavolando negoziati segreti con il Vaticano, in totale contraddizione con gli ordini ricevuti.  Questi militari, dopo avere date prova alle gerarchie superiori a Berlino di aver contribuito alla scellerata causa della "soluzione finale" con il rastrellamento, si degnarono di risparmiare alcune migliaia di ebrei anche per non compromettere definitivamente la propria posizione personale nella prospettiva di una possibile sconfitta tedesca.

I tempi e le forme della comunicazione televisiva della trasmissione, hanno condotto a omettere due importanti elementi sulla storia di Pio XII: la linea diplomatica della santa sede fu orientata alla neutralità rispetto ai belligeranti che consentiva di tenere aperti canali di comunicazione con tutti, e non poteva non essere assunta dalla  chiesa cattolica  per garantire la protezione dei cattolici ovunque ma in particolare in Germania e negli stati occupati dai nazisti. Questa linea diplomatica, come nella tradizione vaticana, venne elaborata e mantenuta costante negli anni, in continuità fra l'azione di Pio XI. Già l'intervento diretto di Papa Ratti  aveva dimostrato come anche solo un'enciclica accorta più che dura (Mit brennender Sorge - 1937) avesse fatto irrigidire il governo di Berlino, rendendo ancor più gravosa la condizione dei cattolici tedeschi, pur incomparabilmente migliore di quella degli ebrei. A questa linea il Papa era stato spinto anche da alcuni rappresentanti dei cattolici tedeschi, come l'avvocato bavarese anti nazista Josef Muller, che a lungo fu l'intermediario segreto fra l'episcopato tedesco e la Santa Sede prima di essere arrestato alla fine del 1944, sopravvivendo poi ai campi di concentramento. Muller insistette direttamente con Pacelli perché le condanne della Germania non fossero troppo esplicite, per evitare rappresaglie contro la popolazione cattolica. Che queste fossero le istruzioni che il Papa aveva dato alla Segreteria di stato, è confermato dal contenuto dei dispacci inviati al Foreign Office britannico dell'ambasciatore presso la Santa Sede F. D'Arcy Osborne, in relazione ai colloqui con Mgr D. Tardini (25 luglio 1941 "se noi abbiamo il diritto, loro hanno la forza"). Già il 14 giugno 1941 lo stesso Mgr Tardini scrivedo a D'Arcy Osborne aveva messo nero su bianco i termini della politica vaticana: "...la Santa Sede ha il dover di interessarsi alla situazione spirituale dei cattolici, quale che sia la Nazione in cui essi vivano ....e di evitare tutto ciò che potrebbe essere interpretato come l'adesione alla politica di questo o quel paese....".  Come conclude lo storico Stevan Kosta Pavlowitch: " il fine di Pio XII durante tutto il secondo conflitto mondiale fu di cercare di limitare, grazie alla diplomazia, l'estensione del conflitto armato, e di porvi fine il più rapidamente possibile per via negoziale...".

Che nella curia romana si sia lasciata aperta la possibilità che il Papa potesse fare da mediatore fra le parti fermando il massacro, emerge nettamente dalla memorialistica, e dai documenti diplomatici, così come emergono le valutazioni sulla probabilità che la Germania vincesse la guerra, e quindi che la chiesa potesse trovarsi presto o tardi in condizione di dover difendere sé stessa. Quest'ultima preoccupazione era particolarmente presente nel rapporto fra Pio XII e gli inviati del presidente F. D. Roosevelt presso la Santa Sede, Myron Taylor e Harold Tittmann jr. La straordinaria sopravvivenza dei riti e delle prerogative diplomatiche nel corso di una guerra feroce e distruttiva è un fattore che sorprende sempre per il contrasto con le narrazioni belliche. Mentre gli eserciti si scontravano lasciando sul campo migliaia di morti ogni giorno, gli uomini in feluca si muovevano costantemente su arei, treni e navi, spesso insieme alle loro famiglie, protetti dal solo passaporto diplomatico, che persino i fanatici nazi fascisti rispettarono quasi integralmente per tutta la durata della guerra. Così M. Taylor viaggiò cinque volte fra Washington e Roma, per assicurare Pio XII del sostegno di F. D. Roosevelt al fronte delle democrazie , mentre H. Tittmann, con la sua gamba di legno lascito della prima guerra mondiale, fra le stesse mura di Santa Marta che oggi ospita Bergoglio, assicurò per cinque anni il contatto quotidiano con la curia vaticana. Il risultato fu che da un lato il Papa fu sempre al corrente dell'impegno americano ed ebbe la possibilità di interventi mirati a difesa dei cattolici anche nei paesi interessati dalle operazioni belliche. In cambio Washington si assicurò il favore dei cattolici americani, e la possibilità di sfruttare le informazioni che il Vaticano raccoglieva ovunque grazie alla rete ecclesiastica, non solo diplomatica. Particolarmente rilevante per la riuscita dell'intesa, e interessante nella prospettiva dello studio dell'olocausto, fu la pregressa esperienza di Taylor come  rappresentante di Roosevelt nella Conferenza di Evian del luglio 1938, voluta dallo stesso presidente americano per trovare soluzioni pratiche alla questione dei rifugiati ebrei. Tanto i dispacci di Taylor che le memorie di Tittmann contengono espliciti riferimenti ai pressanti appelli rivolti fra il 1940 e il 1943 da Pio XII a Roosevelt, perché gli USA garantissero il sostegno alle democrazie e, cosa ancor più importante e rivelatrice, il proseguimento della guerra al nazismo in caso di sconfitta di Gran Bretagna e Francia. Non sembra del tutto improprio dire che Pio XII avesse attribuito al lontano presidente protestante, quel ruolo di "defensor fidei" che era stato dei regnanti europei del rinascimento.

Il tenore dei documenti americani già resi pubblici da anni, ha rivelato la sintonia fra Pio XII e F. D. Roosevelt, coltivata attraverso gli intermediari diplomatici, fra cui va citato anche il Nunzio negli USA A. Cicognani, futuro Segretario di Stato vaticano, e una corrispondenza diretta fitta quanto sincera. Nell'autunno del 1942 Taylor e Tittmann avevano informato Washington della prudenza della Curia Vaticana e del Papa di fronte alle prime notizie sulla portata dello sterminio degli ebrei. Ai rappresentanti americani venne detto chiaramente dai curiali Maglione, Tardini e Montini, e dallo stesso Papa, che il Vaticano  non poteva andare oltre formule di condanna generica, perché "...il Papa è obbligato a dar forma alle sue decisioni sempre nell'interesse dei milioni di cattolici romani".

Nel corso della trasmissione di Andrea Purgatori è stato comunque riconosciuto il ruolo attivo del Vaticano durante tutta la guerra per la protezione degli ebrei romani accolti nella cerchia delle mura vaticane, così come a Roma ed a Castel Gandolfo, e sono state evocati almeno tre elementi costitutivi il movente di molte omissioni non solo papali: la "paura dei nazisti", i progetti nazisti di rapimento del papa, e la certezza di Pio XII che dopo gli ebrei sarebbe toccato ai cattolici. Ma il lavorio diplomatico della segreteria di stato e l'azione in prima persona del papa, dimostrano che nell'elaborazione della linea diplomatica della Santa Sede, questi furono solo fattori marginali, che posero dubbi e qualche indecisione, ma che non impedirono lo svilupparsi di concrete azioni di sostegno agli alleati ed alle popolazioni oggetto di persecuzione, in primo luogo gli ebrei.

Quanto già documentato dalla storiografia sulle relazioni fra amministrazione Roosevelt e Santa Sede, autorizza a pensare che nel corso dell'approfondimento dei lavori di ricerca negli archivi vaticani, verrà ulteriormente provata la giustezza umana e la saggezza diplomatica dell'azione di Pio XII. Come ha scritto il prof. Napolitano: "trovare la verità negli archivi storici è qualcosa di molto complesso (che) richiede pazienza, dedizione, coraggio e adeguate capacità di ricerca. Speriamo che il tempo ci restituisca tutto questo".

Alcuni accademici avrebbero forse preferito poter descrivere un papa eroico che votandosi al martirio condannasse Hitler e il nazismo, invece di tessere una trama diplomatica in parte palese e in parte segreta, per bloccare la strada al nazi fascismo, mentre . Probabilmente questa attività resterà insufficiente per definire papa Pio XII "santo", ma questo è un problema di chi ai santi affida il destino degli uomini. Che probabilmente sono stati meglio serviti e protetti da un uomo come Pacelli,  che con moderazione e sapienza diplomatica ha contribuito a risparmiare all'umanità ulteriori lutti, e ad impedire che che la vittoria delle armi nazi fasciste anticipasse il declino della nostra civiltà.

https://www.vatican.va/archive/actes/documents/Volume-5.pdf

http://www.papapioxii.it/operazione-wolf-note-intorno-a-papi-storici-e-archivi-vaticani/

https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1942v03/d658

https://www.jstor.org/stable/44210999

https://www.jewishvirtuallibrary.org/decisions-taken-at-the-evian-conference-on-jewish-refugees