Guerra e nuovo ordine mondiale: Mario Giro stimola l'Europa

Ormai al terzo mese di guerra in Europa, gli ottimisti si aggrappano ad ogni minimo segnale di possibile accordo che ponga fine alla distruzione dell'Ucraina, alla diaspora del suo popolo, e alle ansie dell'Occidente. La parata sulla Piazza Rossa del 9 maggio per commemorare la guerra di liberazione dall'invasore nazista è attesa con speranza per l'improbabile oracolo pacificatore del Presidente V. Putin, che invece non potrà che profittare della circostanza per ribadire le minacce di ricorso all'arma nucleare e la grottesca propaganda che accomuna l'Ucraina invasa del 2022 al nazismo invasore del 1945. Come magro risultato del recente vertice fra il leader russo e il segretario generale dell'ONU A. Guterres, abbiamo avuto la conferma che "la guerra finirà quando lo deciderà la Russia", e visto che il sostegno occidentale consente la resistenza ucraina, con un pesantissimo costo in termini di vite umane anche fra i civili, non si vede al momento una via d'uscita per l'aggressore, che non è riuscito ancora ad assoggettare del tutto nemmeno le provincie russofone.

La storia può essere interpretata e strumentalizzata, ma fornisce anche suggestivi scenari legati al ripetersi di situazioni sempre diverse, ma sempre assimilabili fra loro: "Ringrazio per la promessa di vendere 200 aerei dopo i 200 già concordati, e non dubito che i nostri aviatori saranno rapidamente in grado di gestirli e renderli operativi contro il nemico comune". Queste parole non sono state pronunciate in questi giorni dal presidente Ucraino V. Zelens'kyj, ma sono contenute in una lettera scritta da J. Stalin a W. Churchill il 4 settembre 1941. L'appoggio allo stato sovietico del più fanaticamente anti comunista fra i leader occidentali fu determinante per decidere le sorti della Seconda guerra mondiale. Quell'appoggio suscitò inquietudine in ampi settori del mondo anglosassone, sulle due sponde dell'Atlantico, ma fu la base dell'alleanza che riuscì a contenere le aspirazioni egemoniche del nazismo.

Anche oggi in occidente c'è un dibattito sull'opportunità di sostenere la resistenza Ucraina con l'invio massiccio di armi, con sofismi come i distinguo fra armi difensive ed offensive, e i nuovi improvvisati pacifismi contrapposti ad altrettanto improvvisati cinismi. In questo dibattito un'analisi stimolante e propositiva viene da Mario Giro (Ora che la guerra è cambiata solo Europa può fermarla - https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/guerra-ucraina-europa-h4hc2tnt). In sintesi il politologo parte dalla constatazione che questa guerra ha cambiato natura, insieme agli obbiettivi militari e politici di Putin, e quindi da conflitto locale e territoriale, la posta in gioco è ormai il nuovo ordine mondiale. Per Giro esiste la concreta possibilità che il nuovo ordine possa far superare la globalizzazione e riportare il mondo ad un sistema di zone di influenza basate sulla minaccia politica militare più che sulla forza economica. "Nella nebbia della guerra gli obiettivi militari cambiano e le parti in conflitto costruiscono la loro speciale narrazione di vittoria, mirata a consolidare la propria posizione nel futuro ordine mondiale ....L’interesse dell’Europa è che Putin fermi la guerra subito e che si costruisca un nuovo accordo di sicurezza e cooperazione sul continente. È dunque necessario discutere rapidamente in che modo uscire ora dal conflitto mediante una forte iniziativa politica europea che fermi Putin e arresti la deriva verso una guerra senza limiti".

L'analisi di fondo è corretta e largamente condivisibile: l'obbiettivo della nuova Russia, che vede sé stessa come potenza locale con un ruolo globale, non può essere gradito né agli USA - che per questo sembrano passare dall'appoggio alla difesa ucraina alla ricerca della sconfitta russa anche a costo del prolungamento del conflitto - né alla Cina - che della globalizzazione ha tratto i maggiori profitti. Putin parla di denazificare l'Ucraina, ma intende denazionalizzarla, con l'obbiettivo di allontanare tutti i suoi vicini dal campo occidentale riportandoli al rango di satelliti, come nel passato per la zona del Patto di Varsavia e come oggi per la Bielorussia. Il vero pericolo per la dottrina Putin e per la narrazione russa non è un'Ucraina filo occidentale, ma un'Ucraina indipendente.

Di fronte a questo disegno, che si aggiorna quotidianamente malgrado lo stallo apparente della situazione bellica, gli altri attori reagiscono in modo diverso:  gli Sati Uniti sono i più attivi, perché il ritorno ad un multilateralismo che divide il mondo in tre sfere di influenza (americana - russa - cinese) con la fine dell'egemonia americana post guerra fredda, porterebbe ad un sistema in cui il ruolo americano sarebbe ridimensionato a livello economico, dato ridotto peso politico degli USA su ogni scacchiere del mondo. Per l'Europa oltre alla violazione del principio di auto determinazione dei popoli, giustamente richiamato da Giro, si presenta il rischio (visibile nella riunione recente di Ramstein) di essere trasformata in retrovia permanente del conflitto ad est. E questo per un periodo tanto lungo da risultare insopportabile per la tenuta delle economie del vecchio continente e persino per le singole democrazie. Per la Cina non è ancora chiaro può essere accettabile un nuovo ordine basato oltre che sul ridimensionamento del ruolo americano anche sull'asse con Mosca. La priorità del gigante asiatico è di continuare a sfruttare le contraddizioni del capitalismo globale, grazie alla sua supremazia demografica, ed alla capacità di impossessarsi della tecnologia importata sviluppandola con ritmi superiori a quelli dei concorrenti. In questo quadro la guerra ucraina è marginale nella strategia cinese, più interessata ad estendere la penetrazione commerciale in tutto il mondo, e a rinsaldare il controllo dell'indo pacifico, come dimostrato dal recente accordo navale con le Isole Salomone.

Questo scenario sembra avere due presupposti di fondo: la continuità dell'asse implicito fra Cina e Russia, e la possibilità che l'Europa si muova come un'entità effettivamente unitaria. Al momento questi due elementi sono fluidi, probabilmente le diplomazie lavorano intensamente per rinforzarli o indebolirli. Il primo presupposto potrebbe modificarsi radicalmente se ci fosse un'iniziativa americana per fondare il nuovo ordine sulla continuità con il passato confermandone due pilastri - ruolo dell'ONU e prevalenza del diritto internazionale - ma accettando di modificarne gli altri due - FMI/Banca Mondiale e Organizzazione mondiale del commercio. Per la verità la debolezza del Presidente Biden, costretto fra neo isolazionismo e spinta dell'apparato militare-industriale, non sembra consentirgli un margine di manovra sufficiente, a meno di un ribaltone dei risultati attesi dalle elezioni di medio termine del prossimo novembre 2022.

Il secondo presupposto rispecchia più l'aspirazione che la realtà: l'Europa ha dimostrato effettivamente di poter unitariamente di fronte a situazioni estreme, come è stato in occasione della pandemia e in questa prima fase della guerra in Ucraina. Ma le divisioni covano sotto la compattezza raggiunta anche per l'azione della Presidente U. von der Leyen, e la spinta di tre componenti importanti come Francia, Germania e Italia, dovute anche a ragioni contingenti di politica interna. Ci sono due ostacoli oggettivi: primo l'Europa è ancora in mezzo al guado della transizione dal federalismo economico alla creazione di una forma di sovranità federale. Secondo politicamente sembra ad oggi impensabile che si realizzi una convergenza completa dei 28 membri dell'unione, anche volendo limitarsi a definire morbida la posizione dell'Ungheria di Orban, che ogni giorno si avvicina di più al Cremlino. Forse il cemento dell'alleanza atlantica potrebbe mantenere e rilanciare il processo federale, se gli USA si convincessero definitivamente che un'Europa forte e unita è indispensabile non solo per delimitare la possibile sfera di influenza russa.

Che i nostri anti americanisti di professione lo vogliano o no, la decisione oggi come nel 1939/1942 corre sull'Atlantico, e le ragioni di quell'epoca in favore dell'intesa a tre (USA - GB - URSS) con la Russia e contro la Germania, possono ritrovarsi oggi in favore dell'intesa a tre USA - Europa - Cina, contro l'aggressivo revanscismo russo.