2 Giugno 1946: gli Stati Uniti e il referendum istituzionale a Roma
Il 2 giugno 1946 gli italiani tornarono a votare liberamente dopo un ventennio di sospensione della democrazia, e le votazioni per la forma istituzionale e per l'Assemblea Costituente segnarono anche un ulteriore passo nella costruzione del legame fra le neonata Repubblica e la lontana Washington, che era però ben presente nella penisola. Le truppe americane erano sbarcate in Sicilia il 9 luglio 1943, e dopo la fine delle operazioni belliche erano state avviate nuove relazioni diplomatiche con l'invio di una missione economica a Washington nel novembre 1944. Guidata da Quintero Quintieri, Ministro delle Finanze del Governo Badoglio e composta da Raffaele Mattioli, Mario Morelli, Enrico Cuccia ed Egidio Ortona, la delegazione italiana si trovò ad affrontare una situazione oggettivamente difficile. Già la logistica non aiutava, visto che la sede dell'ambasciata d'Italia era ancora gestita dalla legazione svizzera che curava gli interessi italiani durante la guerra. Non era poi facile catturare l'interesse degli interlocutori del Dipartimento di Stato, primo fra tutti il responsabile degli Affari Politici James C. Dunn, che si dimostrarono freddi e scarsamente disponibili verso interlocutori che non era ben chiaro chi rappresentassero e per quanto tempo, visto che la guerra continuava. Peraltro proprio nei primi giorni della missione vi fu l'avvicendamento al vertice del dicastero americano fra Cordell Hull e Edward S. Stettinius, rendendo ancor più difficile gettare le basi di una rinnovata relazione bilaterale. Nel febbraio 1945 sarebbe venuta la nomina ad Ambasciatore a Washington di Alberto Tarchiani, già redattore capo del Corriere della Sera di Luigi Albertini, poi a lungo esiliato proprio negli USA, dove coltivò le relazioni con gli ambienti dell'anti fascismo. La stima di Carlo Sforza per il neo ambasciatore non predisponeva al meglio gli ambienti governativi americani, che non ebbero mai simpatie per il vecchio diplomatico che faticava a liberarsi della fedeltà a Casa Savoia. Al contrario Tarchiani crebbe nella considerazione del Presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi, che lo ebbe al governo come Ministro dei Lavori Pubblici e poi lo nominò in importanti imprese pubbliche impegnate nella prima ricostruzione dell'economia italiana (Crediop - ICIPU). Non fu una sorpresa quindi che Bonomi, che rivestiva anche il ruolo di Ministro degli Affari Esteri, abbia indicato l'azionista Tarchiani quale ambasciatore a Washington.
Il 1945 oltre alla fine delle guerra, aveva comportato una serie di cambiamenti radicali sia per gli Stati Uniti che per l'Italia, con la morte di F. D. Roosevelt, e la sostituzione di Bonomi con F. Parri. Tutto questo non impedì l'inizio della normalizzazione delle relazioni, che furono progressivamente depurate degli aspetti militari e assunsero un carattere costruttivo grazie all'avvio dei programmi di collaborazione economica, e infine al piano Marshall. La Commissione Alleata che era stata il vero centro decisionale dell'Italia divisa in due dal fronte bellico sino al maggio 1945, lasciò il campo ai diplomatici di professione, che cominciarono ad operare per la normalizzazione del rapporto politico.
Gli USA erano rappresentati a Roma dall'ambasciatore Alexander C. Kirk, che sarebbe stato sosituito fra marzo e luglio 1946 proprio da James C. Dunn, e ci fu continuità nella linea dei due diplomatici pur profondamente diversi fra loro: si trattava di consolidare il nuovo rapporto originato dalla fine della guerra, dalla collaborazione militare e dalla permanenza in Italia dell'esercito USA, in funzione anche di controllo territoriale del delicato confine est a Trieste. La linea politica dettata dal Dipartimento di Stato era condensata nel documento CAC33a–15 del 27 novembre 1944,34 intitolato "Italia: Governo Futuro: Metodi per Garantire una Libera Espressione dei Desideri del Popolo Italiano in Riguardo alla Forma di Governo", che stranamente non risulta conservato negli arichivi governativi USA. In esso l'amministrazione centarle aveva indicato "all'Ambasciata una serie di ipotesi per facilitare la decisione del popolo italiano in merito alla forma di governo, senza alcun riferimento alle discussioni di partito e alle dichiarazioni governative in Italia. La preferenza per un plebiscito simultaneo e l'elezione di un'assemblea costituente non fu in alcun modo influenzata dalla legge italiana del giugno 1944, né dalle opinioni personali di Umberto di Savoia espresse nell'intervista a Herbert Matthews, del New York Times, il 31 ottobre 1945". Gli Stati Uniti si attennero a questa linea di non ingerenza nella decisione sulla forma istituzionale, per quanto possibile a pochi mesi dalla fine della guerra, con truppe ancora dislocate in Italia e un'economia nazionale in larga parte dipendnente dalla benevolenza dell'ex nemico.
Come ricorda un diplomatico americano di stanza a Roma in quel periodo, Jospeh N. Greene jr, la politica del governo di Washington era volta a favorire tutte le forze politiche democratiche, con l'obbiettivo di lasciare che risolvessero da sole i problemi locali. Si ritrova in questo anche traccia del tipico pragmatismo USA, come nella questione del reintegro di Trieste nel territorio nazionale, guardato con favore dagli USA per l'esistenza di "molte attività commerciali italiane, cantieri navali e assicurazioni", contro l'idea britannica di costituire un città libera sull'esempio (infausto) di Danzica. Un altro ex funzionario del Dipartimento di Stato in servizio a Roma, John W. Jones, ricorda i tentativi di la stabilità politica in Italia, anche alla luce della dottrina formulata nel febbraio 1946 da George Kennan, che di lì pochi anni sarebbe divenuto il "containement": "in ambasciata eravamo molto favorevoli a un plebiscito sulla futura forma di governo. Ma ....c'era ancora Re Umberto e c'era davvero grande preoccupazione, che il Partito Comunista potesse vincere, a causa della forte influenza dell'Unione Sovietica in Europa a quei tempi. Con grande gioia e soddisfazione di tutti noi, Alcide de Gasperi vinse le elezioni con la Democrazia Cristiana..... e ci fu una clamorosa vittoria a favore della repubblica e contro la monarchia. Così Re Umberto e la Regina se ne andarono di buon grado".
L'ambasciatore Dunn in una nota riassuntiva inviata al Dipartimento di Stato il 16 giugno 1948, avrebbe reso omaggio alla "immaginazione e laboriosità che hanno caratterizzato l'azione del Dipartimento durante questo periodo critico hanno rendendo possibile il successo nel sostenere e aiutare le forze della democrazia in Italia". Meno ecunemico sarebbe stato lo stesso Dunn solo due anni dopo, il 20 marzo 1948, quando in un clima politico improvvisamente caratterizzato dalla "guerra fredda", avrebbe dato conto delle variegate reazioni al discorso tenuto dal Segretario di Stato Marshall che minacciava la sospensione degli aiuti americani in caso di vittoria del Fronte Popolare alle elezioni generali di aprile.
L'opinione pubblica americana cercava di ritrovare la stabilità d'ante guerra, e seguiva con scarsa attenzione la complicata politica europea, tanto che il New York Times, avrebbe dato conto molto succintamente della proclamazione del risultato da parte della Corte di Cassazione, così come della composizione dell'Assemblea Costituente, e delle prime misure formali prese dal Governo per rendere visibili e concrete le nuove istituzioni "in nome del popolo italiano".
La storiografia americana avrebbe poi da un lato visto nel referendum del 2 giugno 1946 il vero momento di rottura con un sistema politico controllato delle élites sin dal periodo Umbertino. E dall'altro confermato l'interpretazione della buona fede nella linea politica delle amministrazioni Roosevelt IV e Truman verso l'Italia. Walt T. Rostow ha scritto: "i negoziati per il Trattato di pace con l'Italia avevano riversato sugli USA l'onere di proteggere le posizioni nazionali nella zona di Trieste e di dare alla giovane repubblica la possibilità di cominciare la sua vita senza dover accettare oltre alla sconfitta nella guerra ad Occidente, anche la sconfitta diplomatica post bellica ad Oriente" (The United States in the World Arena - 1960). In pochi anni la situazione sarebbe cambiata e non certo in meglio a causa della guerra fredda, scorrendo rapidamente con il ruolo dell'ambasciatore Claire B. Luce, l'ideazione di operazioni segrete come "Stay Behind" e forse di altre operazioni talmente segrete che ancora non sono note. Ma nel contesto del 2 Giugno 1946, gli Stati Uniti giocarono apertamente la parte del neo alleato favorendo con una attiva e non disinteressata neutralità, la nascita della Repubblica.
https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1945v04/d918
https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1948v03/d543
https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1948v03/d528
https://timesmachine.nytimes.com/timesmachine/1946/06/19/105207323.html?pageNumber=7
https://adst.org/OH TOCs/Greene, Joseph N.toc.pdf
https://adst.org/OH TOCs/Jones, John Wesley.toc.pdf